Ha ragione Paul, quando si rivolge alla sfuggente Holly, dicendole queste parole. È vero, si può fuggire quanto si vuole, si possono aprire mille porte, ci si può infilare in mille vicoli bui e correre, vivere in mille case o città, ma finiamo sempre per imbatterci in noi stessi. Non è vero forse?
Ci vuole calma, tranquillità, equilibrio e che si spolveri il tutto con un po’ di sana filosofia. Perché aiuta!
Cosa dire allora ad un’ amica che soffre per amore, che arriva a casa tua per prendere dei libri e il pomeriggio invece si trasforma in una seduta dall’analista? Lei è sul divano. La guardo e mi si stringe il cuore. Lei è me mesi fa. E mentre mi parla, sto in silenzio, sperando che sfoghi tutto il suo dolore, la rabbia, lo sgomento, i dubbi, le perplessità. Mi parla di lui, della loro storia, ed io stringo le ginocchia al petto insieme ad uno dei cuscini, e mi perdo, ci conosciamo da anni, e non pensavo che l’avrei mai vista così. Lei si sveglia un giorno e lui non si sa quel che ha. Sensazione che ho potuto conoscere dal vivo, che ti dà una mazzata tra capo e collo, aspetta che cadi, e aspetta ancora lì di fianco a te, per vedere se ce la fai a rimetterti in piedi o meno, giusto per assestarti poi un altro colpo.
È stato in quel momento che mi ha detto: “Francesca cosa devo fare?“… Ho visto paura nei suoi occhi, ho visto il senso di perdita, ed ho letto nelle pieghe del volto la domanda: “Cosa faccio se non ci sarà più?”…ed io non ho avuto colpi al cuore, ho solo fatto un enorme sospiro, rivissuto in pochi secondi i punti salienti di quel che è successo a me, e gli ho detto decisa e con un sorriso sul volto:
“Vivi, vivrai come hai fatto sempre, perché è giusto che sia così, e poi starai bene!”…
Non è un sopravvivere, ma è Vivere…
Non si può scappare sempre, e forse non si deve nemmeno farlo…
I vigliacchi scappano, si chiudono nel loro dolore, pensando presuntuosamente di essere gli unici a soffrire e a stare male, ma forse non ricordano quando quel dolore l’hanno regalato loro, a chi poi a sua volta ha sofferto. Ci si dimentica spesso delle parti di sé che sono state, come se non ci fossero mai appartenute, le neghiamo, le allontaniamo inorriditi, ma non è così che si vive, così si vive a metà, così si vive senza imparare dagli errori, che è ancora peggio! E mentre lei mi parla, io metto in fila tutte quelle parti di me che sono state, il dato ed il ricevuto, l’essere e il non essere, ma decido di non mettere nulla sul piatto della bilancia, a cosa serve pesare il bene o il male dato e ricevuto, perché fare stime? Per sentirsi migliori o peggiori? Per rendere il proprio cuore più leggero, o forse più pesante, per autocommiserarsi fintamente poi? Non si deve fare nulla di tutto questo.
Faccio schifo come pessimista lo so, perché sono un’inguaribile ottimista, con il sorriso sempre sul volto.
Ci sono cose che è giusto fare per se stessi, perché non sopporto chi pensa di essere immune, chi si tira fuori, chi si scansa, chi pensa di vivere e invece lascia il segno delle unghiate sugli specchi su cui si è inutilmente arrampicato.
Lasciamo tutto questo agli altri, a chi decide di scappare, a chi intraprende mille strade, sperando di seminare la propria ombra, per girare l’angolo e trovarsi poi di fronte a se stessi: fermarsi, fissarsi, e capire che quella corsa è stata semplicemente inutile e rendersi conto della propria stupidità.
È la serenità che hai dentro che ti colora fuori, è l’equilibrio che non perdi che ti permette di stare in piedi, è la semplicità di alcune cose che ti aiuta a respirare meglio ogni giorno un po’ di più, sono le parole che escono fuori e che ti permettono di sfogare, spurgare il nero, ed essere forte.
Queste sono state le parole mie per lei, che a loro volta sono state le mie parole per me stessa quando ce n’è stato bisogno. Loro continuano a riprodursi dentro di me, perché è giusto così.
Mi hai detto grazie sulla porta, e non ce n’era bisogno, perché è giusto così.
1 commento:
imparato molto
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