Tutto mi ha riportato a pensare a quella che ero e a quella che sono. E' un periodo particolare, una situazione anomala ma chiamatela bolla, chiamatela campana, chiamatela come diavolo volete, io so che questa è la mia dimensione. E chi sono io se non un essere con una, cento, mille dimensioni? Non mi importa d’esser capita, io vado avanti per la mia strada. Questo è deciso.
Il telfono squilla: io non rispondo. C’è chi m’annoia, chi non mi capisce, chi pretende di conoscermi e di sapere tutto di me, illusi. Sono un essere difficile, e lo dico con poca presunzione, tanta coscienza che si mischia all’ansia. Non ho voglia adesso di capire quel che mi succede, chi entra nella mia vita e come ci entra, se passa dalla porta principale, da quella di servizio o da una finestra sul retro. Non chiedo, non mi faccio poi così tante domande. Succederà quel che deve succedere. Io spero solo di non farmi male, anche se so che è più facile cadere e sbucciarsi un ginocchio, che aspettare di atterrare su un morbido cuscino.
Ma tutto è rimandato, tutto a tratti si ferma, tutto si ribalta, basta solo una parola, uno sguardo o un abbraccio per domandarmi se sarò quella che ero, se il cuore è ancora caldo o se invece è diventato un pezzo di ghiaccio. Scuoto la testa e mi fermo, mi dico che non c’è fretta alcuna, e che con la calma certe cose vengono meglio di altre. Tacciono le voci, fanno spazio ad un silenzio che a tratti mi fa compagnia, lo spezzo io quando voglio, quando capisco d’esser calma, quando per un attimo sorrido a chi mi vuole bene. Respiro queste piccole bolle e poi chissà...