martedì 8 aprile 2008

La Memoria…

Cielo plumbeo, aria fredda e rondini silenti. Oggi la mattinata l’ho fatta in casa: preparo un esame pesantissimo! E mentre annaspo tra le cose… ecco spuntare il mio attimo di dolore: un ricordo del passato, che poi, non è così tanto passato. Un oggetto. Una cosa che mi ha regalato lui. Io sono ferma, immobile, il sangue sembra non scorrere più nelle mie vene mentre me lo passo tra le mani. I brividi e i ricordi salgono e mescolandosi si spandono in questi pochi metri quadri. Vanno e vengono come la marea. Portando cose: sono carezze e pugni, sono sorrisi e lacrime. Lo sguardo si perde mentre fisso l’oggetto. Sono lì ferma, mi siedo calma, stendo le gambe sul parquet. Prendo lo specchio e mi osservo.Respiro e mi chiedo cosa sia cambiato, quante cose adesso sono diverse. Mi manca ma io ci sono sempre. Quel che passa, diventa memoria, e finisce che non lo perdi mai. E non so se questo sia un bene o un male. Anche se a tratti vorrei perdere tutto, anche se vorrei che una spugna portasse via con sé quel che è stato, quel che è stato taciuto, le bugie, la malinconia e l’amaro, anche ciò che è stato perfetto anche se so che non è giusto. A tratti mi piacerebbe non essere più capace di parlare, ascoltare e capire. Essere come una pietra, che non sente nulla, né il caldo, né il gelo. Sì, come una pietra. Ma so che non ne sarei capace. L’oblio vorrebbe avere la pretesa di cancellare, ma io non sono capace di dimenticare e di far finta che nulla sia stato. Forse perché non si dimentica mai, e non si è mai davvero capaci di comandare prepotentemente i ricordi. Magari fossimo capaci di farlo e di zittirli, e se io lo fossi stata, avrei continuato a studiare senza dare peso all’oggetto. E nei ricordi scavo e vive di nuovo per un attimo quel che è stato, diventando adesso memoria, che alle volte s’impolvera, cambiando forme e colori. Per dirla con altre parole:: …il tempo trascorso insieme non appartiene né a te né a me: vivendo, l’abbiamo lasciato al passato. Tu sei memoria… Tu sei il fiato e lo sguardo, il dolore e il desiderio del nostro passato che non esiste più, ma che un tempo è vissuto… Ma io non posso e non voglio dimenticare, perché prima di volerlo dovrei imparare come si fa a desiderare di dimenticare. Forse qualcuno dovrebbe insegnarci come si fa. L’oblio cancella, ma io non ne sono capace. La memoria trasforma ed io adesso sono solo capace di fare questo. Mi passo tra le mani l’oggetto. Un’amica mi ha detto, un giorno di qualche tempo fa: “butta tutto quel che ti ricorda lui, farai prima a cancellare quel che deve essere cancellato…“ Ma l’oggetto riprende quello che è stato sempre il suo posto perché ormai è parte integrante del mio mondo e delle mie piccole cose…

martedì 1 aprile 2008

Inquieta...

Quanti aspetti della nostra vita rimangono irrisolti? Quante domande si ammassano sul groppone non trovando mai una risposta che sia per noi decentemente esauriente? Quante ancora sono le ferite rimaste aperte, che prudono, e che nemmeno il tempo che passa riesce ad asciugare e chiudere? Ho risposto che sono troppe… Poi ho pensato che volevo essere da un’altra parte, essere diversa da quella che sono, avere qualcosa di mio da stringere per rubare un po’ di calore. Ma pensavo alla voglia di correre lontano, di chiudere le mani a coppa intorno alle orecchie e pensare che sì, quel rumore che sento è per davvero il mare…
Avrei voluto essere al mare, e per un attimo inventare una me diversa, un periodo diverso, fatto di una strada liscia, senza intoppi, senza buche né cadute, senza attese, senza bruschi cambiamenti. Odio i cambiamenti repentini, perché hanno la prepotenza di sradicarmi e la presunzione di ripiantarmi in un posto che ancora non sento mio e che forse mai lo sarà. Non mi invento vite speciali, così come non sono diversa da quel che sono e non indosso maschere… O forse sì, una la indosso, ogni tanto in questo periodo, quando non voglio far percepire la sottile paura che ho da diversi mesi ormai. La paura di star sola, di rimanere senza quel che amo, di svegliarmi un giorno e scoprire che quel che volevo non c’è più, o almeno che non è più per me. Non traspare questa mia paura agli altri, ma io la sento perché scorre in me sotterranea da quel giorno. Si può essere fragili e forti nello stesso istante, così come si può amare e odiare, sentire caldo e poi subito freddo. Ed io cambio rimanendo apparentemente sempre me stessa. Fare la differenza per qualcuno, rimanere impressi sul cuore e nelle vite di chi ci passa accanto, di chi ci sfiora, di chi si ferma, di chi mi abbraccia fino quasi a soffocarmi, mi sono detta che questo era quello che contava. So se ho fatto quella differenza per qualcuno, so che tipo di persona sono, so quanto do e quanto chiedo indietro e non mi interessa nemmeno dirlo o scriverlo.
Ma rimango lo stesso con la paura che mi ghiaccia gli arti e che mi fa apparire rigida e distante, quando magari vorrei esser burro che si scioglie ricambiando un sorriso. Ho pensato poi che tutto passa, che tante cose forse si dimenticano, che i buchi fatti di vuoto prima o poi, se ne si è capaci, si colmano. Intanto mi avvicino, poi intimorita mi allontano, aspetto, penso, rifletto, dormo, vivo sul chi-va-là, ricompongo i pezzi, riprendo i libri in mano. Colmo i miei spazi vuoti con i pensieri, con le immagini, con i ricordi, li colmo con alcuni momenti da salvare di questi ultimi due anni. Qualcosa va nel dimenticatoio, perché è giusto che qualcosa dorma, che qualcosa s’allontani, o che venga ricordato come superato ed archiviato. Poi mi fermo e nonostante tutto, anche se profondamente inquieta, respiro e torno a vivere la mia vita