giovedì 31 gennaio 2008

Essere Forti…

Dicono che io abbia tante risorse, dicono.
Dicono che io sia forte e che anche il mio carattere lo sia.
Ma quando ci sono eventi che ti espongono nuda del tutto come si fa a non avere un po’ paura?
Sentirsi impotenti, impauriti, arrabbiati, con il cuore che va a tremila di notte e di giorno, di giorno e di notte.
Il mio cuore segue un ritmo tutto suo, e quello del telefono. Ma mi faccio forza perché sento che devo.
Ma ho rabbia amara in circolo e a tratti tremo, e non ho abbracci in cui io mi possa rifugiare per scaldarmi, se non in quelli degli amici. E non so come sfogarmi.
Ho pianto questa mattina quando nessuno mi vedeva, quando la casa ancora dormiva e mentre mi preparavo per andare in facoltà. Odio piangere ed essere guardata.
Sento che adesso non mi importa di nulla e penso solo ad aspettare notizie buone e che mi dicano che tu stai bene. Convivo con un nodo alla gola che si stringe e s’allenta a seconda delle ore. Convivo con il mio umore che va su e giù come un’altalena. Nel frattempo tremo, mi riprendo, bevo troppi tè e caffé, mi distraggo, parlo, ma poi mi assento, mi stacco da me e divento muta. Che periodo di merda. Che inizio di anno di merda.
Ma reagisco e tenacemente mi intestardisco perché so che devo fare così, ché non mi piace sentirmi sopraffatta. Rimango in silenzio, a tratti respiro, e ti penso, ti penso tantissimo.

lunedì 28 gennaio 2008

Intolleranze

Se mangio un determinato tipo di funghi il mio corpo viene colpito da sensazioni strane…Tutto questo si chiama intolleranza, ma io spesso me ne frego e continuo imperterrita a mangiare. E questa intolleranza, per me che ne sono a conoscenza, si vede ad occhio nudo, tanto che qualcuno ogni tanto mi dice: “Ma cosa ti sta succedendo?”. Ci sono però delle intolleranze invisibili, qualcosa ti dà fastidio e ti prude, ma non c’è nulla sul tuo fisico che ne possa testimoniare l’esistenza. Ed io forse debbo ancora capire quale è il mio grado massimo di intolleranza che produca una reazione abbastanza chiara all’esterno. Come se fosse una spia, un segnale, che avverte colui o colei che produce in me questa intolleranza a smettere di assillarmi, rompermi le scatole, insistere quando non ce n’è davvero motivo. Io sono così: se una persona con me è chiara e il messaggio mi arriva, a meno che io non sia davvero molto arrabbiata e non debba far valere le mie ragioni, mollo la presa, cado in silenzio, mi allontano e ciao. E invece no, il mondo sembra girare al contrario, le persone mancano di raziocinio, giocano tutte le carte inclusi i jolly e quando mancano le carte bluffano. Ed io non sono capace di mandare a quel paese nessuno con dei modi che non siano garbati, sono troppo educata gliel’ho sempre detto ai miei genitori, ogni tanto si deve essere stronzi così vedi come ti capiscono. Funziona con tutti, con la sottoscritta no. Quindi è facile che mi ritrovo sempre nelle stesse situazioni, ma a tutto c’è un limite, ed io ho solo imparato a manifestare il mio dissenso quando una persona oltrepassa la mia riga rossa, oltre quella sei irrimediabilmente fregato, e non mi importa quante cose carine potrai dire, non c’è storia, però alla fine automaticamente io sono quella stronza. Ma va bene, va bene così. Sono davvero una stronza.
Adesso è tempo di recuperare le forze, di riappropriarmi del sonno perso dell’altra sera, di fare ordine nella mia vita, di mettere a tacere tutto quello che mi dà fastidio e che vorrebbe allontanarmi dalle mie priorità.
Io ci metto la forza di volontà, il tempo farà il resto.
Cavolo come mi girano oggi, è proprio lunedì…

sabato 19 gennaio 2008

Sento Che Mi Dispiace…

Ora che c’è silenzio… sento che mi dispiace… e tanto.
Chiedo inutilmente al tempo e al destino beffardi per quanto altro tempo ancora decideranno di divertirsi con me, prendendomi a calci… perché loro sanno come fare, sono in balia del loro piede sinistro, e la mia volontà per quanto sia forte può davvero così poco… spostarsi su qualcun’altro no eh?
Chiedo, con una grande escrescenza di rabbia, “per quanto altro tempo ancora eh?”, perché in teoria sarei stufa e anche un po’ stanca, e le forze non è che siano infinite, per quanto ancora forte io possa sentirmi. Vorrei rosicchiarmi i gomiti, ma poi mi chiedo come farei ad appoggiarmi sul tavolo, come faccio sempre, per fissare la mia città fuori dalla finestra? Oggi c’è il sole e sorrido almeno un po’, ma sento che mi dispiace.
Perché tutto è così difficile e niente è facile. E perché deve essere sempre così per me? Non ho firmato né carte, né strani abbonamenti alla sfiga, eppure.
Perché mi sembra di partecipare ad un gioco dove tutti conoscono regole, scorciatoie, bluff ed io no?
Non è mica giusto. Perché questo periodo deve essere così dannatamente strano?
Perché incontro persone che non mi piacciono, e tutto poi continua ad aleggiare nell’aria, ma maledettamente la voglia di vederti, di stare insieme, di scoprire quello che ancora non ho vissuto di te, predomina? E in parte so che è così anche per te. Ma come al solito c’è un ma!
È una strana sensazione quella che ho addosso, è quella dell’essere sempre in ritardo con gli eventi della vita, ed io ho ovviamente il fiatone e un uovo sodo nella gola, che non scende e non sale.
È come se mi avessero messo in una stanza da ballo, ed io ballassi continuamente fuori tempo, con il maestro che corregge con un’asta di legno, toccando in più punti, tutti gli errori che faccio. Lasciandomi qualche segno.
Io Ballo fuori tempo. Da sempre.
Pensare che poteva essere… ma forse è giusto anche così, no? Forse.
E lo so che potrei sembrare presuntuosa, io ti conosco molto bene, e l’istinto a volte è più forte di tutto. E capisci anche quando dall’altra parte qualcosa c’è.
E mi è successo tante volte nella vita che certe mie sensazioni le so riconoscere.
Non mi accorgo quasi mai delle persone che mi passano accanto, ma stavolta è stato diverso.
Per questo sento che mi dispiace. Ma forse adesso è giusto anche così. Sono tutta intera, e nonostante tutto mi sento serena.
Ho svuotato il sacco, ho detto ciò che pensavo, sono stata sincera come sempre, perché per me in queste cose si deve essere se stessi, per non tradirsi.
Non concepisco strategie, né giochetti, e l’unico asso presente nella mia manica è essere me stessa sempre. Perché non potrei essere mai un’altra.


lunedì 14 gennaio 2008

I’m An Alien…

Non molto tempo fa, e con tanta presunzione, pensavo che fossero gli altri ad essere diversi ed io quella normale. E anche se ho sempre detestato le categorie, le divisioni e le spaccature che relegano le persone su piani differenti, devo ammettere di essermi sbagliata. E tanto.
Perché adesso, e senza alcuna presunzione, posso dire di sentirmi un’aliena fatta e finita, sono io quella diversa, capovolta, fatta al contrario, senza capo né coda, con una razionalità e logica tutta sua, e gli altri, gli altri sì che sono normali. Ok l’ho ammesso. Ammetto la mia natura aliena. E sto da Dio. E sapete cosa c’è? Non provo invidia per gli altri, per quelli normali, intendo. E non mi importa forse nemmeno sapere di cosa sia composta questa normalità di cui si parla, visto che non mi ci riconosco nemmeno un po’. Perché per me non riconoscermi in qualcosa è come indossare un abito che non mi piace e che mi fa sentire terribilmente a disagio in mezzo agli altri.
Soltanto per un attimo, in questa mia cosciente discesa nello stato alieno, mi sono sentita spaesata. Ciò che non è vitale è superfluo.
E di cose superflue ne ho piene le scatole.
Oggi la normalità è superflua, galleggia sulle teste, allontana mica avvicina, rende freddi mica scalda, chiude mica apre. Insomma tutto il mio opposto. Per questo io mi sento un’aliena e non normale. In questa condizione di aliena mi sono ripiegata più volte su me stessa e ho impiegato il tempo a scavare buchi perdendomi nei miei segreti, ammettendo le mie pecche e tutti i miei difetti, aggiungendo voci alla lista dei miei bisogni primari, e solo così sono stata capace di spiegare il motivo del mio disagio, delle lacrime, del sentirmi mancare spesso l’aria, e di non capire cosa mi venisse detto.
Ammettere la propria natura e i propri bisogni ci libera e ci espone allo stesso tempo.
Alla fine non serve nemmeno mettersi su piani diversi per sforzarsi di comprendere l’incomprensibile, perché è del tutto inutile.
Il fatto è che a questo mondo esistono tanti altri alieni, perché per fortuna non sono l’unica, ma a volte non so come fare a riconoscerli, perché non abbiamo mica la pelle verde, strane macchie, o piccole code nascoste sotto gli strati dei vestiti.
Forse ci vuole naso e istinto, destino e momenti giusti. Solo questo.

“In alto sopra di me gli alieni, tutte queste strane creature…
Spero che scendano un giorno su una strada di campagna a notte tarda mentre guido, mi facciano salire a bordo delle loro navi meravigliose
e mi facciano vedere il mondo che amerei vedere”.

Strane Alchimie Di Coppia…

Le coppie sono affare strano, puro mistero, ingarbugliato gioco di alchimie, reazioni, e trasformazioni. Si è un po’ come l’argilla nella coppia, ci si plasma, ci si spalma, ci si modifica pezzo dopo pezzo. Che cosa strana sono le coppie, assomigliano ai viaggi in treno prendi un biglietto e parti: possono sembrare eterni, troppo lunghi o troppo brevi. Le coppie sono uno strano gioco di equilibri amari, dolci, zuccherosi, aspri o salati come lacrime. Le coppie sono qualcosa che è difficile da spiegare, perché forse definirle non renderebbe loro giustizia alcuna. Ma nel cuore di chi ama la coppia è come i componenti di un buon frappé: ben amalgamati ed uno indissolubilmente legato all’altro, se viene a mancare anche uno solo di questi, il gusto non è più lo stesso e l’immagine dolce sul nostro viso cede il posto ad una triste smorfia. Le coppie non le puoi capire da fuori, e ancora meno al loro interno. La coppia la devi vivere punto e basta, sia che salga, sia che scenda. Senza ma e senza se, riempi il tuo sacco con i tuoi sogni, le tue speranze e le tue esigenze, prendendo anche le sue e sperando che non si soffochino a vicenda. Arriva poi un giorno in cui quel biglietto per un motivo o per un altro, si sgualcisce e quasi non vedi né la destinazione, né tantomeno il posto che ti era stato assegnato: c’è solo nebbia. Succede che un giorno non parli più, non esterni più, ed è forse quello l’errore che dà al tutto un’aurea mortale, perché solo la voce dà corpo a quel che cova giù nel fondo. Perché una coppia è una strana alchimia di odori, sapori, giochi, ma è soprattutto parole: urlate o sussurrate, poco importa, basta che ci siano. Perché un bivio senza scambio già deciso porterà il treno al deragliamento, perché non ci si può dividere, perché non si amano due o tre persone per volta, e chi afferma questo è solo un superficiale che ha avuto la sventura di non innamorarsi mai per davvero. E l’amore non è solo quanto hai nelle tasche, o da dove vieni, anche se sono componenti importanti, perché se i pezzi che mancano a te, per caso ce li ho io nel mio sacco, bhé forse è per quello che il caso ci ha fatto incontrare. Si tentenna, ci si trascina, conosco un’inifinità di persone che vivono in un brutto limbo, e prendono in giro se stessi e chi sta con loro, chi li aspetta, e chi ci spera. Le coppie sono difficili, camminano su tacchi a spillo alti dodici centimetri cercando di sorreggere il loro pachidermico peso. Le coppie si nutrono di una linfa che tutti e due i cuori e le menti si affannano a produrre, e se anche solo uno dei due smette, la quantità prodotta non basterà mai alla coppia per continuare a camminare. Ma cadrà in ginocchio e rialzarsi sarà difficile. Non si deve cercare di nascondere quel che il cuore sussura, tu provi a zittirlo, ma è un’arma a doppio taglio, perché lui se ignorato cercherà di urlare sempre di più, fino a che tu, esausto, dovrai arrenderti all’odioso suono delle sue parole. Se non parli, se non esterni quel biglietto vale davvero a poco…

venerdì 11 gennaio 2008

Siamo Quello Che Vogliamo Essere

Quanto è difficile, complicato, arzigogolato stare insieme a qualcuno. La relazione è come un motore va tutto bene e poi un giorno qualcosa non funziona più, e non c’è olio, meccanico, o preghiera che tenga. Quanto è duro ammettere la propria infelicità, la propria incapacità a venire fuori da una melma nera e soffocante, che ti dona uno sguardo vuoto e nello stesso tempo perso. Se si perde il bandolo della matassa dobbiamo faticare per ritrovarlo, smarrire la via non è una cosa che giova particolarmente a noi stessi. A volte può servire perdersi un po’, allontanarsi da se stessi, guardarsi e studiarsi da fuori, ma prima o poi nel proprio corpo ci si deve tornare. Allontanarsi da sé, staccare la spina, non sentire più tante cose, non avvertire più scosse, forse spegne la luce su tante cose, ma l’accende su altre. Chi nel buio dei pensieri c’è passato lo può capire, chi non ci ha mai nemmeno brancolato, per fortuna per lui, no. Io ci sono passata, mi sono persa, ma poi mi sono ritrovata. Mi sono guardata fuori, ho visto tutti fantasmi, tutti gli errori, tutti i bocconi amari, li ho ingoiati, fagocitati, digeriti e vomitati. E sono stata prima bene, poi male. Poi felice, infelice, e poi stramaledettamente infelice. Goccia su goccia le lacrime del buio hanno creato un lago dove mi sono specchiata e non riconoscendomi mi sono impaurita, perché non ero io quella che vedevo. Un colore grigio, scuro, e brutto. Un’anima nera, triste e tediosa. Ma per il nervoso alla fine scavi, alla fine ti tuffi nel nero, per vedere se a qualcosa porta, se anche quel bagno in quell’acqua salata da te prodotta, possa essere per te catartico. Perché abbiamo bisogno di riscattare noi stessi, perché ci insegnano che tutte le medaglie hanno due facce e forse ti sei stufato di vederne sempre e solo una. Dalla mia esperienza ho imparato una cosa: che siamo quel che vogliamo essere. Siamo quel che vogliamo essere, e purtroppo a volte subiamo passivamente tante cose, dimenticandoci il sapore ed il colore delle piccole cose.
Tutto passa, bisogna mettersi a nudo e sentire freddo, avere male agli organi interni, toccare la superficie più gelida che c’è per capire che fuori ci deve essere altro per noi. Qualcosa che ti guarisce, qualcosa che ti aiuta a girare pagina, qualcosa che ti fa scrivere la parola fine in fondo a tutte le brutture.


giovedì 10 gennaio 2008

Il Pensiero Di Te…

Sono in camera seduta per terra che metto in ordine delle cose buttate alla rinfusa in un cassetto, e c’è qualcosa che scalda il cuore: infiammandolo. Il pensiero di te. C’è una cosa che scalda il cuore: ricordare le tue parole. C’è che quelle parole mi hanno ricordato tante e tante cose. Quando sono sola penso a te, a dove sei, con chi sei e cosa fai…Vorrei qualcosa che mi scaldasse il cuore: la certezza di poterti stare accanto, di sentire la tua voce, di respirare i tuoi abbracci… sentire nello stomaco volare le farfalle, ed il cuore battere come le loro ali, sapere che ci sei, come io ci sono per te. I ricordi si affastellano nella mente, sovrapponendosi, sbavandosi come fa l’acqua sul colore a spirito. Vorrei che le lacrime, l’ansia, la malinconia e i colori scuri si allontanassero definitivamente da me perchè portano via la luce dal mio volto. Mi ritrovo a pensarti: mio diverso da tutti gli altri. E non mi vergogno di dirle queste cose, né di scriverle, perché solo i sentimenti sanno dipingere una persona per quella che è. Tutti i sentimenti ci creano, tutte le sfumature sono nostre. E a volte scaldano e alle altre raffreddano. Così va la vita, così gira il mondo. Ma il mondo -forse- per una volta si può anche fermare: per ascoltare e scaldare qualche cuore che dopo tanto ne ha un po’ bisogno. Ed il mio mondo smette di girare quando tu mi sei vicino. E c’è una cosa sola che scalda il cuore… quel pensiero di te.

mercoledì 9 gennaio 2008

Un Post Metereopatico

L’unione della pioggia in questo periodo e il cielo sereno, la mancanza di soldi, la voglia di lavorare e non poterlo fare perché devo studiare, la voglia di mollare tutto, di avere una casa mia, dove stare in santa pace senza nessuno che ti scombini i piani, la voglia di staccare la spina, o meglio, desiderare per una volta di essere trasparente per tutti… mi fa stare scazzata. Sono arrivata al mio limite, ho bisogno di trovare un posto che sia tranquillo, dove scaricare la tensione, perché io sono fatta così, ancora non ho imparato a fami scivolare tutto addosso e basta un non nulla per farmi andare storta la luna… Umorale lo sono stata sempre, ma in questo periodo lo sono ancora di più… saranno le esigenze che cambiano, sarà che mi sono rotta, sarà che non so quando tutto questo cambierà… perché magari sapere quando questa situazione potrebbe avere fine sarebbe meglio… meglio per me, per i miei nervi, per la mia salute…ecco! Perché mi sono stufata, e sono contenta di avere il blog dove poter scrivere quello che mi passa per la testa, per essere una goccia nel mare, per essere una come tante e non sentire sempre Francesca hai fatto questo? Ma perché non esci? perché non fai questo o quello…? Perché è così difficile capire che io tante cose non le accetto, perché sono solo una stupida sentimentale del cazzo… Forse questo è il corso naturale delle cose, ma io forse a questa naturalezza non ci voglio fare l’abitudine. Perché io sono strana, perché a me piacciono le mie cose, e che il loro aspetto, quello a cui sono legata, rimanga sempre protetto. E chiamatemi infantile, ditemi che non sono capace di crescere, ma quelli che io chiamo e reputo punti fermi nella mia vita, se all’improvviso mutano, mi danno uno scossone così forte che è difficile uscirne poi tranquilli… Ed io che sono abituata alle mie piccole cose, divento matta e non capisco dove posso recuperare il bandolo della matassa… O forse questo è un antagonismo: se ricevi sicurezze da una parte, per forza ne devi perdere altre da un’altra parte… e questa cosa mi disturba in un modo memorabile… Le persone cambiano è vero, intraprendono strade facendo esperienze diverse dalle nostre, ma poi è possibile che quando ti si avvicinano tu stenti a riconoscerle? E’ questo che mi fa stare un po’ giù, un po’ scazzata, un po’ con la voglia di stare a casa, di ritagliarmi in un piccolo angolino e cercare di non sentire nessuno, farmi coccolare, di prendere una botta in faccia, che non tutto è sempre nero, e che alla fine io non sono capace ad essere pessimista, che il mio mondo è quasi sempre a colori, e che se un attimo una lacrima mi riga la guancia, l’attimo dopo un sorriso accende il mio sguardo… ma oggi ho bisogno di scrivere queste cose apparentemente senza senso, ho bisogno di raccontare tutto questo… perché anche questa è Francesca…

martedì 8 gennaio 2008

Quel Piccolo Lembo Di Cielo…

Ieri sera di nuovo tardi, sono andata a letto quando il cielo era ancora scuro, ma solo per metà, vedevo dalla finestra la luce. Non faceva freddo, mi sono scoperta e ricoperta infinite volte. Ho lottato con il piumone, con il pigiama, con la voglia di non dormire più, e così ho fissato il blu, fino a che non è diventato azzurro chiaro chiaro. Avevo da pensare a tante cose e tutte insieme, come sempre. Ho pensato alle differenze, a quanto siano piccoli gli spazi che dividono le certezze dalle incertezze, la forza dalla debolezza, la felicità dall’infelicità, il sorriso dal pianto. Rimuginando il passato, sputato il presente, impasto nei sogni la bozza della mia vita futura, ne esce un disegno dai tratti assai polverosi, sfumati ed incerti, e non può essere che così. Ho pensato a quanto possa esser breve quel che ci succede, ma che spesso però siamo noi, con le nostre sensazioni ed emozioni a tenere o meno in vita. E’ come per i ricordi, i volti, le persone, le parole, li si tiene stretti perché ci fanno comodo, ci aiutano a stare meglio, a scaldarci e forse anche a sorridere. E non ci meraviglia nulla di questi piccoli spazi brevi, sappiamo che sono lì, sappiamo che ogni cosa che abbiamo non sarà infinita, che magari oggi ce l’hai e domani no. E non parlo di cose materiali, di quelle me ne importa davvero poco, ma è il tocco di uno sguardo, una parola sussurrata all’orecchio, un sorriso timido, una telefonata, una mail, uno sguardo dritto al cuore che rivela tutta la nudità di un sentimento. Succede con l’amore, succede con l’amicizia, succede persino con l’odio e con l’indifferenza, sappiamo che ora ci sono ma domani potrebbero non esserci più e non c’è segreto, non c’è rimedio, non c’è stratagemma che può opporsi a quel che di disegnato c’è sul nostro cammino. Quindi, ci si abitua a tutto prima o poi? Vorrei poter dire di no, sbattendo anche il pugno su questo tavolo rischiando anche di farmi male. Perché vorrei poter tenere nel mio quotidiano tutto quello di cui ho bisogno, per vivere, per ridere, per piangere e sì, anche per disperarmi, perché tutto mi ricorda che sono viva, e se anche in passato qualcosa ci ha ferito, non lo ha fatto a morte. E anche se adesso mi sembra di esser morta e rinata già mille volte, vorrà dire che ogni pezzetto di me che si aggiunge mi rende più bella, più vera, più umana, o forse solo un po’ più stronza. Pensavo a questo… ai silenzi, alle parole, a quel che vorrei dire, scrivere, urlare… e cerco di trasferirlo qui, sussurrandolo, scrivendolo, appuntandolo, cercando che arrivi ad ognuno un pezzetto emozionale di me… che sto bene con i miei mille pensieri, fissando un piccolo lembo di cielo, all’alba di questo giorno…

Amore o Odio??

Cosa c’è di più doloroso di una perdita, di quel sentimento che ti stringe il cuore, della paura che ti assale e che non ti fa più vedere razionalmente e lucidamente il mondo che ti circonda?
Forse nulla, o forse tante e tante altre cose, ma forse nel momento della perdita siamo un po’ come annebbiati e tutto il resto, per quanto importante, non c’è… Non c’è spazio, e non c’è fine, non c’è rispetto e non c’è altro che voler vedere concretizzato il nostro desiderio maggiore: riappropriarsi di quel che abbiamo perso ma spesso quasi ci si stupisce di come l’amore, che prima faceva bruciare il cuore, un attimo dopo si trasforma in odio. Qualcuno una volta ha detto che l’odio è anche esso una forma d’amore, e che la cosa peggiore sia l’indifferenza. Ma è l’odio che fa fare delle cose assurde, è l’odio che ti porta e che ti conduce dove tu non ti ritrovi più, che non ti permette di discernere cosa è bene e cosa è male. L’odio fa male, fa male più di un amore finito. Ti annichilisce, e ti allontana ancora di più da quel che vuoi. L’odio non riempie, o meglio, quel che aggiunge nel nostro stomaco non riesce a saziare il vuoto lasciato. L’odio se ne va prima di subito, scompare lasciandoci orfani di un desiderio mai avverato. E i desideri mai avverati bruciano come il sale sulle ferite aperte. E’ giusto pensare che tutto sia giusto quando si tratta di sentimenti? Sapevo che sarebbe finita così… ti ascolto, ti consiglio, ti offro una spalla, altre al posto mio non lo farebbero, altre non darebbero il loro aiuto, ma ti butterebbero in un luogo lontano della mente, quello che si riserva alle storie andate e chiuse, ma le altre non sono io, perché io sono diversa. Non sono tanto capace di odiare, non perché sia particolarmente buona, ma soprattutto perché è inutile, freddo e piuttosto sterile. E allora ti parlo con la consapevolezza di aver fatto tesoro della mia storia passata. Parliamo ed io rifletto sull’amore… ti dico che la situazione adesso è come un’ampolla di vetro piena di acqua e sabbia che è stata agitata troppo, non si vede nulla e per farlo dovrai aspettare che la sabbia si posi, ed è solo quando tutto sarà limpido che si capirà il perché di tante cose, di cosa ti abbia spinto e di cosa ti abbia frenato, cosa vive ancora e cosa invece è morto. Ma tutto nella vita lascia un segno e tu devi fare tesoro delle sensazioni per scoprirti domani…

domenica 6 gennaio 2008

This Is My Relax…

Stanotte ho fatto davvero tardi…siamo andati a ballare e alle 7 ho aperto la porta esclamando: “Finalmente a casa!”. Ma come al solito sono strana, ero stanca ma non volevo che la serata finisse… E’ uno strano modo di trovare il mio relax, che strano modo di guardare alle mie cose. Ero con il telefono sul pavimento, un tartufo al cioccolato in una coppetta, ho sfogliato vecchie foto, e ho constatato che tante cose sono cambiate in me e non solo. Dalle più scialbe, come un vestito o il colore dei miei capelli, a quelle serie, figure non più presenti, per scelta, per caso, per fortuna, per decisione della vita. Ma ho notato che il mio sguardo era quello di sempre. Era lo sguardo di una ragazza, come molte, ma diversa da molte, di una ragazza che sorride, ma che troppo spesso ha pianto, di una ragazza che è diventata donna, suo malgrado. Di lentiggini sparse, di giorni al mare, di amici tanti, di amori pochi… di colori tanti, tantissimi, e di sorrisi quelli, sempre belli, i più belli. Ho ripreso a leggere le righe di un libro bellissimo iniziato qualche giorno fa e che ahimè i miei occhi stanno già per finire di leggere… E’ così che ho trascorso un’ora prima di entrare nelle braccia di Morfeo… E poi pace, tanta pace.

venerdì 4 gennaio 2008

Le Persone Speciali…

Ci sono persone che ti passano accanto e nemmeno te ne accorgi, non le vedi, non le noti e tiri avanti. Ce ne sono altre che fanno parte della tua vita per un po’, poi un giorno senza salutare, così all’improvviso scompaiono. Ce ne sono altre ancora che solamente sfiorandoti le senti che sono tue, e che lo saranno per sempre, ogni giorno un po’ di più. Lo capisci dalle parole, dal tocco della loro voce e da quello dei loro sguardi. Lo senti per come ti parlano. Lo capisci un giorno che non te lo aspetti, che quelle sono persone speciali, irripetibili. Sapere che tu rappresenti qualcosa per loro ti gonfia il cuore, e nello stesso tempo però, tutto questo ha la forza di stringerlo fino a farlo piangere, di gioia, di tristezza e di malinconia… Avere la consapevolezza che a volte la vita cambia le persone, i loro sogni, le loro aspettative, i loro volti e anche i loro cuori mi dipinge triste ogni giorno un po’ di più, e fa crescere grumi di rabbia infondo al cuore, alla pancia, allo stomaco. Perché la vita regala, ma poi chiede qualcosa indietro, sempre. Perché un giorno sai amare e quello dopo non sai più come si fa. Perché un attimo respiri e quello dopo annaspi. Perché prima ti vedo sorridere e poi so che forse piangi lacrime amare. Perché ieri eri forte nei tuoi ideali, nei tuoi valori, nei tuoi sogni ed un attimo dopo loro si dissipano, scomparendo come fa il profumo in una stanza, lasciandoti solo con un te stesso che stenti a riconoscere. Vorrei accarezzare il tuo cuore, trasferirti un po’ del mio idealismo disperato, delle mie certezze indissolubili, e della mia fede incrollabile nei sentimenti per vederti sorridere ogni giorno un po’ di più insieme a me, ma anche senza me. Vorrei essere quella medicina che calma tutti tuoi mali, e se sapessi come fare, giuro che lo farei, che essere impotente è una delle cose che mi fanno stare più male. Vorrei essere quel salvagente che ti tiene a galla per davvero, che ti salva dalla corrente dei pensieri tristi. E allora io per te sarò un abbraccio caldo, una telefonata quando ne hai voglia, una mail lunga cento pagine, una voce che ti scalda il cuore tutte le volte che lo vorrai. Perché ti sono vicina, perché c’eri sempre quando ne ho avuto bisogno. Perché il nostro è un rapporto vero e profondo che gli anni hanno costruito, stretto. Non sognerò per te, ma ti aiuterò a ricordare come si fa. Perché nulla è perso, perché i sogni basta solo cullarli e non dimenticarli, basta solo riprenderli tra le mani, giocarci un po’, e fissarli, mentre dolcemente si soffia via da loro la polvere che il tempo tiranno ci ha spruzzato sopra…

Guardare Nitidamente…

Succede che a volte tante cose possono sembrare lineari, normali, sensate, ma forse è così solo nelle nostre teste e nei nostri film personali. Che tu sia uomo o donna poco importa, succede e basta. A qualcuno capita di rovinare un’amicizia a causa di sentimenti amorosi, fa casino, poi un giorno si sveglia e chiede che tutto torni come prima. Impossibile direi. A qualcuno capita di incontrare una persona e di trovarla terribilmente interessante e passare parte del tempo a riempirsi la testa di domande. Possibile direi. A tanti capita di fare i conti con la propria vita, di tirare delle linee e vedere se qualche traguardo è stato raggiunto o quanta strada manca ancora, se si occupano i posti alti della classifica o se invece si bazzica nello sconforto che solo gli ultimi ti sanno donare. Frequente direi. Ad altri capita di masticare pezzi della propria vita tutti i giorni e trovarli senza più il gustoso sapore dell’inizio, e non c’è sale o pepe o salsa piccante che potrebbe aggiustare il tutto. All’ordine del giorno direi. E cosa si fa quando è così? Non è come trovarsi alle prese con un muro di casa sporco? E lì che fai: prendi un pennello ed un barattolo di vernice e ti limiti a imbiancare solo le parti macchiate o tiri la vernice su tutta la parete? La risposta è ovvia e quanto mai scontata: dipingi tutto, portando il bianco ovunque, in modo che tutto torni ad un unico livello. È questo quello che si dovrebbe fare, per capire, per capirsi, per aprirsi, senza ma e senza se. Ma è difficile, perché tante macchie da noi, a volte, non vanno via, non vogliono, o forse siamo noi a non volerle lasciare andare via. Ci fanno comodo le nostre macchie: ci difendono, ci danno un alibi, ci coprono, ci coccolano persino. Ma fino a che punto è giusto che quelle macchie ci stiano ancora addosso? Penso che le macchie si ammassano su di noi, con il tempo che passa, con i dolori appresi, con l’esperienza, con le lacrime che scendono, con i groppi fermi nella gola e con i nodi nello stomaco. Loro si appiccicano come delle sanguisughe: loro si nutrono di noi e paradossalmente noi di loro. Che schifo eh? E se bastasse darsi un’energica scrollata per farle cadere tutte? Non sarebbe poi così male, aver meno pesi addosso, essere più liberi di essere noi stessi, nudi per intero, solo noi nel profondo. Un unico nocciolo, quello vero, che vive della luce del giorno e non del buio profondo. Liberi dai pesi, dalle macchie, dai ma, dai se, anche dai perché. E vivere tutto quel che ci arriva addosso con più tranquillità e con un animo che riesce a riflettere con una tranquillità mai avuta. Sarebbe bello, sì… A piccoli passi si fa tutto, si può far tutto. Si ritrova anche il coraggio di dare una pennellata bianca alla propria vita, cancellando macchie, e togliendo gli eccessi, togliamo la pesantezza dai nostri pensieri, dai nostri sentimenti, dai nostri noccioli, che finalmente guardano fuori quel che non erano riusciti mai a vedere così nitidamente…

mercoledì 2 gennaio 2008

Quel Che Lascio E Quel Che Tengo…

Ecco cosa ho pensato l’ultimo dell’anno….

Frenesia, velocità, tempo che corre, scappa, va via.
Ultimo giorno di questo anno che se ne va, chiudendo dietro di sé una porta ed aprendone una nuova.
In silenzio o forse urlando i minuti passeranno e le ore ad una una si scioglieranno.
Cosa lascio e cosa tengo?
Lascio tante cose nella scatola del 2007, lascio i dolori, le amarezze e le tante delusioni.
Lascio una Francesca indecisa ed impaurita, una ragazza troppo spesso insicura e piagnucolona.
Accantono in un angolo più buio le tante cose che mi sembravano così impossibili da fare, per raschiare dalle pareti del mio cuore tanto coraggio e tanta decisione da portarmi via.
Lascio cose finite e sepolte, lascio stralci di ricordi amari, di brutte parole e di angoscianti pensieri, butto le cose senza senso, senza sapore, quelle scialbe, quelle che non ti regalano un sorriso nemmeno a morire.
E decido di chiudere questa scatola senza rancori, rimorsi o ripensamenti, ma con una decisione ferma e convinta.
E cosa porto? Mi porto dietro la mia nuova me, quel che è rinato di me, il mio nuovo e forte spirito, la tenacia ed il coraggio, la convinzione di voler creare qualcosa, di portare avanti tutti i miei infiniti progetti.
Preparo una borsa dove c’è spazio per tutto, per l’amicizia, per l’amore, per me, per te, per noi… per tutto quello che ho sempre voluto e che solo adesso assaporo con coscienza, per tutto quello che ho sempre cercato e mai trovato… una borsa che non ha fondo, una borsa che non costringe, una borsa che puoi riempire fino a che ne hai voglia, con coraggio, con tenacia, con forza e con dolcezza…
E quando l’anno nuovo verrà lo accoglierò a braccia aperte, indipendentemente dal destino cercherò di non perdere più me stessa, mi terrò stretta quando avrò freddo e paura, e mi aprirò al caldo sole, a chi mi vuole bene, a chi mi sta vicino, a chi sa quanto possa essere sia facile, quanto difficile, sopportare una ragazza strana come me… Che bel pensiero che ho avuto!!!
E quando prometto io mantengo…

Il Mio Natale…

Un albero con cuori rossi grandi con piccole campanelle in feltro che penzolano dai rami e gli angeli piccoli e grandi dorati che mi strizzano l’occhio avrei voluto vedere quest’anno. Io seduta sul tappeto con le ginocchia al petto che guardo rapita quelle luci e quelle stelle e piano piano socchiudo gli occhi desiderando un natale sereno, fatto di luci e di calore, di colori e di sapori, senza ombre, senza troppe e inutili parole, senza pensieri morti e sterili, senza falsità ma solo con il pensiero che la cioccolata impiastricciasse le mani, e che le dita fossero lì per essere leccate. Ho aspettato che fosse così! Ma purtroppo vivo ancora di luce riflessa perché come al solito le nubi sono arrivate. Ho cercato di volere accanto solo le persone che valesse la pena stringere e abbracciare. Ho chiesto calore e c’è stato anche se non totalmente! Non ho cercato nessuno perché sapevo che non avrei avuto come dono il regalo che ho sempre desiderato, ho cercato di vivere e sperare che tutto passasse velocemente…..ma so che ho voglia di vivere, ci credo e mi impegnerò affinché sia tutto fatto a regola d’arte per il prossimo Natale……..sperando di ricevere in dono quello di cui il mio cuore ha veramente bisogno!

P.S: TE!!!!